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QUANDO A PINOCHET RISPOSERO NO
Sara Nissoli

Da qualche giorno si è conclusa la sessantacinquesima edizione del Festival del cinema di Cannes. Quest’anno, il vincitore della Quinzaine des rèalisateurs (la sezione autonoma del festival nata nel 1968) è un film cileno che parla di pubblicità, o meglio, di una campagna storica, quella per il referendum del 1988 che pose fine al regime di Pinochet dopo oltre quindici anni di dittatura.

Il film si chiama No (come quello che sarà il risultato del referendum e, quindi, l’oggetto della campagna propagandistica), ed è di Pablo Larrain. Il creativo protagonista, interpretato da Gael Garcia Bernal, è Reene Saavedra (figlio di una vittima di Pinochet), che per la campagna non pensò a nulla che richiamasse espressamente le barbarie del regime. La sua idea fu, piuttosto, un’idea di rinascita, di speranza in un futuro diverso. Colori, balli e nessuna forma di vittimismo quindi, ma tanta fiducia nella democrazia e un po’ di sarcasmo, visto che i simboli utilizzati per la comunicazione furono gli stessi del neo liberismo imposto dal regime.  Un aspetto interessante della pellicola è che molti dei materiali sono di repertorio, ed è quindi possibile vedere le campagne di propaganda che in quei giorni spopolarono per tutto il Cile, sia quelle realizzate per la campagna del No, che quelle avversarie.

Vincere, inizialmente, era mera utopia. Il regime già da qualche mese subiva forti pressioni internazionali, ma non sembrava certo sul punto di tramontare. Invece tutto cambiò. Fu merito della campagna? In parte sicuramente sì, perché spronò la popolazione a non avere paura, e a realizzare ciò che quella comunicazione aveva mostrato.

Grazie a Silvia Mussoni per la dritta.

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