Su Bill abbiamo raccolto un po’ di buffe storie sui brand e i loro scivoloni più clamorosi, nonostante investimenti, ricerche e test. Perché la pubblicità, per fortuna, proprio non è una scienza. Qui il primo epic fail, raccontato da Stefano Campora. Tutto il resto è su Bill 09.
Nel 1968, Fred H. Mattson e Robert A. Volpenhein, due esperti ricercatori della Procter & Gamble, stavano attraversando uno dei peggiori periodi della loro carriera. Il progetto a loro assegnato non progrediva: da mesi cercavano un modo per velocizzare l’assunzione dei lipidi nei bambini nati prematuri ma senza risultati. L’unica cosa che erano riusciti a sintetizzare in laboratorio era un sostituto dei grassi ottenuto quasi per caso. Una molecola talmente grande e complessa che nessun organismo vivente poteva assimilarla. In pratica era l’esatto contrario di ciò che stavano cercando. Si trovavano di fronte a un fallimento completo, inequivocabile, definitivo e come se non bastasse, il capo divisione ricerche premeva per avere qualche risultato da presentare alla controparte commerciale. Così, al colmo della frustrazione, i due ricercatori infilarono la loro relazione nella busta marrone della posta interna e la spedirono ai piani alti, in attesa dell’inevitabile licenziamento.
Qualche giorno più tardi vennero convocati nell’ufficio del boss. E qui, con loro grande stupore, vennero accolti da sorrisi e pacche sulle spalle e invitati a servirsi dalla migliore scatola di sigari del loro superiore. Cos’era successo? Era successo che la loro ricerca era finita nelle scafate mani del marketing e la cosiddetta “molecola indigeribile” era diventata nel giro di una riunione “il grasso che non ingrassa”. Infatti, se l’organismo non poteva assimilarlo, il grasso non andava a depositarsi sui fianchi e non riempiva le arterie di colesterolo. Era un fatto. Ed era marketing, bellezza. Ma, come si resero conto ben presto tutti in P&G, un conto era sintetizzare la molecola, un altro era ottenere un prodotto alimentare commerciabile. Il primo brevetto arrivò infatti quasi vent’anni dopo, nel 1986, a nome Olestra. E si dovette aspettare fino al 1987 perché la P&G presentasse alla Food and Drug Administration la richiesta di approvare l’utilizzo di questo “sostituto dei grassi” per la preparazione di olio, snack food, patatine e altro. Intanto però la notizia si era già ampiamente diffusa nel marcato americano e l’attesa di un lancio ufficiale cresceva di settimana in settimana.
Un analista della Drexel, Burnham, Lambert Inc. definì Olestra “la più importante scoperta nella storia dell’industria alimentare” che da sola era in grado di generare un volume di affari di almeno 1 miliardo e mezzo di dollari solo nel primo anno. Ma la FDA non si decideva a concedere l’agognata autorizzazione. I test sul prodotto erano incompleti e anche un altro organismo di controllo, Il Center for Science in the Public Interest, sollevava pesanti dubbi sulla “tollerabilità” del prodotto. Dopo un’intensa attività di lobbying, P&G riuscì a far finalmente approvare la commercializzazione di snacks preparati con l’olio senza calorie: era il 24 Gennaio 1996 e P&G aveva già speso per il progetto mezzo miliardo di dollari! Perché tanto tempo e tanta fatica per ottenere un ok definitivo? Gli americani lo avrebbero scoperto di lì a poco. Dopo una prima fase di “Area Test”, finalmente, nel 1998 partì il lancio nazionale di due brand distinti: gli snacks Wow! E le Pringles Fat-Free, entrambi preparati con Olestra.
Per i primi, la campagna fu curata da BBDO New York, con un claim che recitava: “One taste and you’ll be a believer”, mentre per le Pringles lavorarono prima Grey Advertising e poi Wells BDDP, anche queste di New York, che le introdussero sul mercato con lo slogan: “Can you get great taste in a fat-free chip? Yes, You Can!” (vi ricorda qualcosa?). E fu un lancio col botto: solo nel primo anno le patatine che non facevano ingrassare fecero entrare nelle casse della multinazionale di Cincinnati qualcosa come 400 milioni di dollari. Niente male per un prodotto scoperto per sbaglio. Tutto sembrava andare a gonfie vele. Gli americani potevano finalmente mangiare tutte le patatine che volevano senza aumentare di un grammo e senza ascoltare i rimproveri del medico di turno. Una pacchia. Ma qualcuno, nei laboratori P&G, stava sudando freddo, perché sapeva che era in arrivo un uragano di rogne. Certo, la facevano facile quelli del marketing, ma i ricercatori non erano così ingenui. Loro conoscevano i risultati dei test preliminari condotti nel corso degli anni. Loro sapevano che ingerendo qualcosa che il corpo non poteva assimilare, quel qualcosa sarebbe uscito in maniera brutale e inarrestabile.
E se ne stavano accorgendo anche alcune migliaia di persone ghiotte ed entusiaste. Una volta terminato il processo digestivo, chi si alzava da tavola rimaneva a guardare perplesso quella macchia oleosa scura che lui stesso aveva lasciato sulla sedia, senza capire perché. E questo era solo l’inizio. Dopo alcuni minuti le sue viscere cominciavano a emettere suoni tipo “pentolone della strega” e solo i più fortunati riuscivano a raggiungere il bagno in tempo, dove i crampi li avrebbero tormentati per ore, svuotandoli di tutto ciò che transitava nel loro apparato digerente e lasciandoli esausti e rannicchiati in posizioni fetali. Quindi, mentre una fetta considerevole di americani perdeva la propria dignità languendo nei bagni delle abitazioni, degli uffici, delle scuole e delle chiese, sulle scrivanie della FDA si andavano accumulando lettere di reclamo, querele e insulti in quantità finora mai viste. Alla fine del 2000 il loro numero superava la somma di tutte le proteste ricevute per un prodotto alimentare. Un bel record.
Il resto è su Bill 09
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