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PEPPINO CON GLI OCCHIALI DA SOLE
Cosimo Bizzarri

Ha fatto molto discutere la scelta di Glassing, brand di occhiali, che ha usato le parole di Peppino Impastato nel suo ultimo spot. Anche Cosimo Bizzarri, executive editor di Colors Magazine, ha deciso di dire la sua sull’argomento. Lo fa in questo pezzo, in esclusiva per Billmagazine.com

La prima cosa che noto dello spot per occhiali da sole che ha usato, senza permesso e tagliuzzando di qua e di là, un’esortazione alla bellezza di Peppino Impastato è che gli autori quell’esortazione non l’hanno ascoltata. O se l’hanno fatto, non l’hanno capita. O se l’hanno capita, non hanno saputo tradurla in immagini e parole.

Il protagonista è un trentenne dalla vaga somiglianza con Impastato (immagino la fibrillazione durante il casting) che si aggira per una palazzina abbandonata, ricoperta di graffiti e detriti. È inseguito da un operatore dalla mano tremante che deve avere un passato come giornalista di Report. Sfortunatamente, il montatore non riuscirà a correggere le sue incertezze, anzi inserirà spezzoni misteriosi, come un decimo di secondo di un telone di plastica, che vorrei sforzarmi d’interpretare come un messaggio subliminale se non fossi certo che è un errore. Quando l’Impastato contemporaneo parla di paura e omertà, le sue parole riverberano, misteriosamente, come in un video di Cher. Tutto sommato recita la sua parte con convinzione da rivoluzionario, a tratti con gli occhi iniettati di sangue. Alla fine però arriva il momento di indossare gli occhiali da sole e lui si rivela per quel che è: un modello di provincia, degno del voice over che, con tono seducente, lo incalza: “Glassing. How do you see me?”. Ti vedo male, Impastato contemporaneo, molto male. Tu, i tuoi occhiali e lo spot che li pubblicizza.

Peppino Impastato tradito, hanno detto i giornali. Ed è vero. La famiglia ha fatto bene a chiedere il ritiro dello spot e a protestare per il fatto di non essere stata contattata né dall’agenzia né dall’azienda prima della messa in onda. È una faccenda di cortesia, prima ancora che di copyright. Ma c’è modo e modo di tradire. Quando il fratello d’Impastato dice che Peppino era contro il consumismo, io penso che anche Gandhi lo era, eppure si fece fatica a criticare la sua apparizione in televisione nel 2004 come testimonial di uno spot Telecom. Firmato da Spike Lee, lo spot prendeva un’idea semplice ma geniale: che mondo sarebbe se un uomo come Gandhi, che predicava messaggi importanti e universali, avesse avuto a disposizione i mezzi di comunicazione di oggi? E la realizzava in maniera egregia, emozionante, spettacolare. Bellissima.

Tutto il contrario di quanto fatto dai pubblicitari di Special Team per Glassing. Hanno preso un’idea trita ma contorta: occhiali uguale vedere uguale bellezza. Hanno usato, storpiandola e decontestualizzandola, una frase d’Impastato contro la speculazione edilizia, che non c’entrava nulla con il loro prodotto né con il loro messaggio. Hanno realizzato uno spot mediocre. “Con la nostra iniziativa abbiamo voluto rilanciare le idee e le parole di Peppino Impastato, che troppo spesso vengono dimenticate nella nostra società,” si è giustificato alla Repubblica il Direttore Creativo di Special Team Pasquale Diaferia,” La pubblicità può anche essere uno strumento per far riflettere”. Diaferia ha ragione. La pubblicità può far riflettere, e anche incuriosire, stupire, dare speranza. Ma per farlo non può essere brutta. Deve essere ispirata e armoniosa. Deve insegnare alle persone cos’è la bellezza.

“Se si insegnasse la bellezza alla gente la si fornirebbe di un’arma contro la rassegnazione, la paura e l’omertà. All’esistenza di orrendi palazzi sorti all’improvviso, con tutto il loro squallore, da operazioni speculative, ci si abitua con pronta facilità, si mettono le tendine alle finestre, le piante sul davanzale, e presto ci si dimentica di come erano quei luoghi prima, ed ogni cosa, per il solo fatto che è così, pare dover essere così da sempre e per sempre. È per questo che bisognerebbe educare la gente alla bellezza: perché in uomini e donne non si insinui più l’abitudine e la rassegnazione ma rimangano sempre vivi la curiosità e lo stupore”.

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