Dopo Luca Pannese e Luca Lorenzini è il turno di un altro golden boy dell’advertising italiano: Francesco Simonetti. Fresco da due Gold Lion per il progetto “The Beauty of a Second”, ci racconta della sua prima volta a Cannes. E ci dà qualche dritta molto utile. Qui c’è un’anticipazione, il resto è su Bill 04.
Nel 2000 ho vinto il mio primo leone a Cannes: non ci speravo, ma soprattutto non con quello che consideravo a torto il più fiacco dei due film in gara. Avevo un vago sospetto che i due script per Posta Prioritaria fossero buoni, perché Joe Pytka dopo averli letti non ci aveva rimbalzato come di solito capitava alle produzioni italiane. Per chi non lo conoscesse, Joe Pytka all’epoca era un mito a Cannes: non solo perché saliva e scendeva dal palco delle premiazioni come da uno stepper, ma anche perché sapeva essere un regista molto convincente: i clienti che sul set non gli lasciavano mano libera dovevano vedersela col suo fisico possente. Una vecchia pagina pubblicitaria della Pytka Production, premiata anche quella, mostrava un direttore creativo con i capelli bianchi e tante statuette sotto il titolo: “Girare con Pykta mi ha tolto dieci anni di vita, ma ha aggiunto tantissimo alla mia carriera!”.
Per il primo dei due film Poste, il cliente scelse al suo posto Michael Radford, che per aver vinto un Oscar per “Il Postino” sembrava a tutti una geniale idea di pr. Infatti era proprio la storia di un postino che infagottato da un cappottone attraversa in biciletta le strade innevate di un paesino dell’Appennino. Nel film girato risultò in sella a un motorino nuovo di zecca, col logo immacolato delle Poste e la divisa appena ridisegnata dall’ufficio stile che risplendeva nel sole primaverile. Dettagli a parte però, la storia era rimasta quella. Il postino raggiunge l’ultima casa del paese, dove una vecchina debole di occhi gli chiede se c’è posta e se cortesemente gliela legge. Aperta la busta, dopo una piccolissima esitazione il postino attacca a leggere. E’ il nipote della donna che le scrive che a Natale non potrà venire a trovarla ma che gli fa comunque tanti auguri eccetera, eccetera…
Quando il postino riappoggia la lettera e si congeda, vediamo però che si tratta di un pieghevole coi supersconti del supermercato. E qui – mi illudevo io – i giurati sarebbero saltati sulle sedie: invece non lo giudicarono degno nemmeno di una shortlist. E giustamente, perché tutto quel sentimentalismo sul servizio così capillare, umano e attento era inopportuno: in quale altro paese europeo aprirti la posta sarebbe stato considerato un segno di professionalità?
Il secondo spot, “Businessman”, fu affidato ad Alessandro D’Alatri. Il protagonista della storia era un padre sempre attaccato al cellulare. Dall’inizio del film parla, parla, parla e non s’interrompe neanche uscendo dall’ufficio quando gli allungano la posta. Nel taxi che lo porta all’aeroporto per un viaggio di lavoro apre la corrispondenza senza staccarsi dal telefono, finché non sbianca e finalmente ripiega il Motorola. Quella che ha appena aperto, con le lettere tutte ritagliate, sembra una lettera anonima: “se vuoi rivedere ancora tuo figlio…”. Ma girato il foglio il messaggio prosegue: “ ti aspetto a casa stasera che giochiamo assieme coi videogames”, firmato il figlio che reclamava un po’ più della sua presenza paterna.
Il resto è su Bill 04.
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